IL PROGETTO |
TAKE ME A QUESTION |
Take me a question è un progetto di arte pubblica pensato per Caraglio, cittadina in provincia di Cuneo e a lungo sede del CeSAC - Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee, organo parte dell’Associazione Culturale Marcovaldo, che ha chiuso i battenti nel 2016.
Il progetto prende vita su uno dei numerosi cestini pubblicitari che il Comune di Caraglio ha chiesto di installare all’agenzia Cladi Pubblicità di Torino e sparsi per tutto il centro del paese. Individuando questo contenitore di arredo urbano come spazio dedicato alla riflessione artistica e non alla propaganda pubblicitaria, il progetto intende attivare una riflessione sul ruolo dell’arte all’interno di un territorio che per diversi anni è stato protagonista della scena artistica nazionale e internazionale. Prendendo in prestito le parole di Vito Acconci, Take me a question vede “l’arte pubblica, in quanto luogo di raccolta per le persone, [che] funge da modello per la città” Un’arte pubblica che “ristabilisce gli spazi popolati che portano a discussioni che portano a dibattiti che portano a riconsiderazioni che portano alla rivoluzione. In un mondo di centri commerciali, l’arte pubblica ristabilisce la piazza”. Take me a question chiama in causa dunque l’arte contemporanea come strumento in grado di porre interrogativi ed evocare riflessioni, stimolando una riflessione sul suo ruolo all’interno della comunità locale e globale. 10 artisti verranno invitati a realizzare un progetto site specific, a cadenza mensile, attraverso il quale dare forma a riflessioni in grado di mettere in dialogo arte, territorio e dimensione pubblica. Un luogo attraverso il quale suscitare domande, porre interrogativi ed evocare riflessioni, alimentando una partecipazione collettiva al dibattito attorno al ruolo e allo spazio dell’arte all’interno della comunità. Take me a question inserisce nel tessuto urbano un contenitore nuovo, che può essere identificato come spazio per l’arte, come museo di strada, libero e accessibile a chiunque. |
La dimensione di non sense che il titolo del progetto evoca è il pretesto da cui partire per l’attivazione di una riflessione critica e partecipata tra spettatore, spazio pubblico e opera.
“To take something” (in italiano “prendere qualcosa”) è l’invito a vedere l’arte come un contenitore utile al cui interno sono depositati significati e contenuti che possano fungere da starting point per riflessioni condivise. “Take me a question”, frase che risulta evidentemente sgrammaticata, è a questo punto una provocazione, che volontariamente intende generare una sensazione di disturbo e di messa in discussione di tutte le grammatiche convenzionali. Take me a question racchiude l’invito all’interazione, lasciando intendere la presenza di due attori che generano un vero e proprio dialogo. Da un lato si pone una domanda, dall’altro si fornisce una possibile risposta. Ma i ruoli sono intercambiabili, e allora le domande e le risposte diventano infinite. Gli artisti selezionati, nel rifuggire chiavi di letture di natura prettamente polemica o retorica, saranno invitati ad utilizzare l’arte e la pratica artistica come oggetto volto a interrogare, attraverso modalità differenti e grazie allo sconfinamento in ambiti tematici variegati. Take me a question è un progetto che mette al centro lo spettatore, l'opera d'arte e il luogo che lo ospita. |